Glamping sull’isola del postino

Da Pablo Neruda a Elsa Morante, fino ad essere il minacciato luogo d’asilo di ‪Peppino di Capri‬ nelle immagini di Paolo Sorrentino, magistralmente interpretate da Toni Servillo, eccomi a Procida, un’isola che continua ad affascinare nella sua quiete, all’ombra delle maggiori isole partenopee.

E’ la prima volta che inizio a scrivere un articolo mentre sono ancora nel posto che sto visitando, forse perché Procida è stata per me una grande scoperta: in soli 3,7 km² i luoghi da visitare sono tanti, un po’ come i suoi abitanti: 11400 durante l’anno, per raggiungere i 30000 nei mesi estivi!

L’isola del postino mi ha abbagliata per la sua bellezza fin dall’arrivo al porto di Marina Grande con le barche dei pescatori e le prime case colorate.
Qui ci aspettava un Citroen Mehari per accompagnarci al Procida Camp & Resort, una struttura nuovissima, tra le poche a fare glamping in Italia.
Era tanto che volevo provare quest’esperienza ed ora non potrei che consigliarla a tutti.

Si accede al resort da un portoncino blu e una scalinata che conducono ad un giardino segreto con tende Nordisk (quelle che abbiamo scelto noi), Caravan Airstream, Safari Lodge e Garden Suite.
Anche la pioggia della prima notte qui ha assunto un aspetto quasi magico, una ninna nanna che ci ha cullati fino al mattino.
La gentilezza e la disponibilità dello staff, la bellezza e l’unicità di una struttura che non vuole essere invasiva per il territorio, ma dotata di ogni comfort, hanno fatto si che il nostro soggiorno fosse davvero speciale.

E’ proprio vero che le isole hanno un micro-clima a sé, diverso dalla costa: lasciandoci alle spalle la pioggia, in un’estate che stenta ad arrivare, per prima cosa siamo andati al mare alla spiaggia della Chiaia, neanche i 186 scalini hanno avuto il potere di fermarci! Una lingua di sabbia nera a ridosso della splendida roccia che tradisce l’origine vulcanica dell’isola, con un punto di vista d’eccezione sulla Corricella e Terra Murata e un ristorante – La Conchiglia da Tonino – dove ricaricarsi con gusto prima di affrontare la salita per poi arrivare, percorrendo via Pizzaco, al belvedere Elsa Morante.

Su per le colline verso la campagna, la mia isola ha straducce solitarie chiuse fra i muri antichi, oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali. Ha varie spiagge dalla sabbia chiara e delicata, e altre rive più piccole, coperte di ciottoli e conchiglie, e nascoste tra le grandi scogliere. (L’isola di Arturo)

L’isola non ha fretta, gli abitanti sono abituati a convivere, su una superficie piccolissima, con i tanti turisti che invadono le stradine a piedi e in bicicletta in tutti i sensi di marcia. Tra scorciatoie e scalinate abbiamo raggiunto il borgo marinaro di Corricella. Una cartolina di case colorate, cupole e scalinate sullo sfondo e una fila di barchette e reti di pescatori sulla banchina, un odore di mare e una sensazione di spensieratezza che solo i posti del cuore ti sanno dare.

Il secondo giorno abbiamo affittato delle biciclette per esplorare l’isola (hanno tutte la pedalata assistita visti i sali e scendi naturali).
L’intenzione era quella di raggiungere subito l’isolotto di Vivara e il suo ponte sull’acqua, nonostante non fosse visitabile (le escursioni partiranno solo in estate inoltrata).
Ma in realtà, non conoscendo bene la direzione, abbiamo prima esplorato Punta Solchiaro con le sue ville a picco sul mare e poi siamo giunti a Vivara che con la sua forma a mezzaluna è ciò che resta di un antico cratere vulcanico.
Vivara mantiene la sua natura selvaggia e incontaminata, trattandosi di un’oasi protetta e una riserva naturale in cui vivono uccelli acquatici, piante rare e conigli selvatici.
Ci hanno raccontato che a volte è possibile incontrare i conigli sul ponte, ma noi non siamo stati così fortunati!

Chiaiolella ha invece proprio quell’aria vacanziera, con il porto turistico e i tanti ristoranti sul lungomare. Dopo un breve giro abbiamo però preferito visitare il punto più alto dell’isola (93 mt sul livello del mare), dal quale si gode di un panorama mozzafiato!

Il borgo di Terra Murata ospita il Monastero di Santa Margherita (che per la posizione e il suo terrazzo con vista su Corricella mi ha ricordato le piccole e bianche chiese greche), l’Abbazia di San Michele e il Palazzo d’Avalos, sarebbe stato bello riuscire a visitarlo, ma l’edificio non è sempre aperto al pubblico. Così ci siamo intrufolati da due diverse entrate, riuscendo a cogliere la maestosità e al tempo stesso lo stato di decadenza del palazzo, divenuto poi carcere, il cui ultimo detenuto è stato ospitato fino al 1988.
Abbiamo avuto un po’ di informazioni a riguardo al Museo dei Misteri e al bar del Castello, poco più su.
Ci hanno raccontato che il carcere era autosufficiente, i detenuti lavoravano il lino e cucivano, esistevano celle di “serie A” con il bagno privato e la vista sul golfo di Napoli e celle di “serie B”, mentre ai piani inferiori si trovavano le celle di punizione.
All’interno della struttura ci sono ancora registri, vecchi televisori e macchine da cucire, i letti nelle camerate e i pigiami piegati.
Le visite che organizzano all’alba credo siano davvero suggestive.

La teleria del carcere ospite il Museo dei Misteri, fondato dall’associazione “I Ragazzi dei Misteri” che realizza le scenografie per la Processione Religiosa del Cristo Morto e dei Misteri. Erano così chiamati perché in origine gli allestimenti venivano creati negli androni dei palazzi e vi poteva accedere solo chi partecipava alla realizzazione, mantenendo un velo di mistero intorno all’opera.

Il bar del castello invece ha una deliziosa terrazza con vista sulla costa, qui ho assaggiato la lingua di bue, il dolce tipico di Procida, da tutti chiamata lingua di suocera.
Si tratta di un pasticcino di pasta sfoglia farcito con crema pasticcera, qualcuno la riempie anche con crema al limone o addirittura con il cioccolato.
Il Bar Roma e il Bar Dal Cavaliere, a Marina Grande, se ne contendono l’invenzione.

Riuscire a percorrere 23 km in bicicletta su un’isola di 3,7 km² non è da tutti. Dunque il passo successivo è stato andare a prendere il sole, percorrendo la strada che costeggia il cimitero fino alla spiaggia del Pozzo Vecchio, ai più nota come la spiaggia del Postino, prima di goderci il tramonto a Ciraccio.

Come Mario Ruoppolo, lasciatevi guidare dai suoni dell’isola, delle onde di Cala di Sotto, del vento tra i capelli, delle campane al belvedere di Terra Murata, puntate gli occhi al cielo di notte e fermatevi a parlare con i procidani.

E sulle note commoventi del postino abbiamo cenato alla Pergola, all’aperto in un limoneto. Non ho resistito e ho ordinato il tipico coniglio alla procidana.
Un’altra prelibatezza da non perdere è l’insalata di limoni: si affetta la parte bianca del limone di pane, che risulta essere più dolce di quello normale, e si condisce con cipolla, menta, sale, olio e piccante. Un gusto davvero insolito.

Sul traghetto per Procida chiedete al personale dello staff di dare del pane ai gabbiani, sarà bellissimo sentirli stridere e vedere con quale abilità riusciranno a prendere il cibo dalle mani tese dei marinai!

2 pensieri riguardo “Glamping sull’isola del postino

  1. che posto spettacolare!!!
    Assolutamente da segnare!!!

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    1. mariannawanderlust 10 giugno 2019 — 12:54

      Si, è spettacolare! Ti consiglio davvero una fuga in questa magica isola ✨

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